Mobilitazione e consenso
Al contrario nel nazismo la base del sostegno di massa è ritrovata nella classe piccolo-borghese ed esso sfrutta la classe dirigente tradizionale facendosene prima un’alleata per poi convertirla in uno strumento della propria politica.
Le dimensioni del consenso nel regime nazista furono forse superiori a quelle mai ottenute da qualsiasi altro sistema totalitario. I successi di Hitler in politica estera e le sue scelte molto produttive in politica economica, smontando pezzo dopo pezzo tutta la costruzione di Versailles e riportando la Germania al ruolo di protagonista nella politica europea, stimolarono l’orgoglio patriottico dei tedeschi e fecero provare loro la sensazione della rivincita.
Ma ciò non basta a giustificare l’ampiezza del consenso nazista: è necessario mettere in conto innanzitutto la vastità e l’efficienza dell’apparato repressivo e terroristico, le molte polizie (Gestapo, SS) che controllavano con ogni mezzo la vita pubblica e privata dei cittadini, i campi di concentramento (Lager). Inoltre fattore essenziale fu la capacità del nazismo di proporre e di imporre formule e miti capaci di toccare le corde profonde dell’anima popolare e l’abilità di servirsi a questo scopo di tutti gli strumenti a disposizione nell’età delle comunicazioni di massa, mezzi moderni e modernissimi, fra cui tutte le tecniche dello spettacolo. Hitler istituì a questo scopo, unico nella sua specie, un ministero per la propaganda, che si occupava anche di piegare gli intellettuali all’adesione al regime.
L’utopia dei nazisti, proposta attraverso la
stampa, i discorsi del Fuhrer e i film
di propaganda, era
un’utopia reazionaria e “ruralista”,
che promuoveva un mondo popolato da uomini belli e sani, profondamente legati
alla loro terra. Questi miti della terra e del sangue, innestati sulla solida
tradizione culturale nazionale, fondamentalmente romantica, contrastavano con
la prassi concreta del regime, ma riflettevano uno stato d’animo largamente
diffuso di istintivo rifiuto della civiltà moderna e di rimpianto per un
passato idilliaco.
Lo storico Gorge L. Mosse dà una definizione del regime
nazista come
“religione laica”:
“[…] che non può essere classificato con
i tradizionali canoni della teoria politica. […] Era una religione laica, la
prosecuzione, dai tempi primordiali e cristiani, di un modo di considerare il
mondo attraverso il mito e il simbolo, di manifestare le proprie speranze e
timori in forme cerimoniali e liturgiche.”
Come già osservato, Stalin assunse il ruolo di capo carismatico, in quanto successore di Lenin e soprattutto in quanto artefice dell’industrializzazione. Era il padre e la guida infallibile del suo popolo, il depositario della dottrina marxista-leninista; ma non bastò questo ad organizzare il consenso intorno alla sua figura: la letteratura, il cinema, la musica e le arti figurative furono sottoposte a un regime di rigida censura, costrette a svolgere una funzione propagandistico-pedagogica entro i canoni del cosiddetto realismo socialista. Ciò significava limitarsi alla descrizione idealizzata della realtà sovietica.
il regime sovietico nasce da una rivoluzione che ha completamente espropriato le classi dominanti e trasformato le basi socioeconomiche del paese, procedendo quindi alla creazione di una nuova classe dirigente. Nel comunismo quindi la base del sostegno di massa del regime è costituita dalla classe operaia, dal proletariato urbano, mentre debella completamente la vecchia classe dirigente, tanto economica quanto dell’amministrazione dello Stato.
Mentre il regime nazista prende forma attraverso l’incorporazione o almeno l’adesione passiva delle vecchie elites tradizionali,