Circa un secolo dopo la scuola di Cnido, nella seconda metà del V secolo a. C., nasce la scuola di Cos con la quale la medicina diventa una disciplina scientifica specialistica Le teorie e i metodi distinguono subito questa scuola da tutte le altre: avviene qui il passaggio all’osservazione diretta del malato; nascono qui i veri concetti di clinica e di diagnosi; l’opera del medico non ha più sfumature mistiche, astratte o filosofiche; la medicina deve essere una ricerca continua e disinteressata alla quale bisogna dedicarsi solo per amore dello studio e della natura umana. La scuola di Cos ha uno sviluppo rapidissimo e fa passare del tutto in secondo piano l’attività della scuola di Cnido.  

 

Fondatore della scuola di Cos e personaggio di maggior spicco fu Ippocrate (460 – 370 a.C.). Egli apparteneva a una famiglia di medici che, secondo la tradizione, discendeva direttamente da Esculapio. Dopo aver trascorso la giovinezza viaggiando allo scopo di approfondire le conoscenze e perfezionare la sua istruzione soprattutto in campo medico, tornò in patria per dedicarsi all’insegnamento e per mettere a frutto tutto ciò che aveva appreso. Scrupoloso ricercatore ed acuto osservatore, rinnovò il concetto stesso di medicina allora legato all'intervento divino. Secondo Ippocrate, infatti, la malattia e la salute avevano ben poca attinenza con il mondo degli dei: esse non erano affatto punizioni o doni, quanto piuttosto il risultato di determinate circostanze del tutto naturali.

Scrive a proposito dell’epilessia, chiamata al suo tempo male sacro: “A me dunque questa malattia non pare affatto essere più divina delle altre, bensì ha una base naturale comune a tutte e una causa razionale dalla quale ciascuna dipende; ed è curabile, per nulla meno delle altre. Gli uomini tuttavia la ritennero in qualche modo opera divina per inesperienza e per stupore, giacché per nessun verso assomiglia alle altre. [... ] Aprendo la testa [di una capra affetta da epilessia] troverai il cervello umido e pieno di liquido idropico e maleodorante, e allora manifestamente comprenderai che non è un dio ad affliggere il corpo, bensì la malattia”. Ippocrate scrisse anche molti libri nei quali egli discute di anatomia, dieta, ostetricia e perfino di climatologia. Accanto alle nozioni pratiche, nell'insegnamento che è giunto fino a noi attraverso i millenni resta fondamentale l'importanza attribuita al rapporto tra medico e paziente: per lui il dialogo tra questi due "attori" era essenziale per porre una giusta diagnosi ed assicurare la guarigione del paziente, che era chiamato ad essere protagonista della lotta contro la sua malattia. “L’arte ha tre momenti: la malattia e il malato e il medico. Il medico è il ministro dell’arte: si opponga al male il malato insieme con il medico”.  

  

Ippocrate operò in maniera innovativa per il tempo, seguendo quello che tutt’oggi viene denominato “metodo ippocratico”, i cui principi si possono così riassumere:

Osservazione sistematica

Per analizzare la malattia, il medico impiegava tutti i sensi: la vista, l’udito, l’olfatto, e il tatto. Nessun elemento era tanto insignificante da non essere registrato e nessun sintomo del paziente era trascurato. Le osservazioni venivano raccolte in modo sistematico senza alcun preconcetto, cioè senza tentare di adattarle alle spiegazioni della malattia allora in voga. Questo tipo di indagine intendeva evitare il rischio di vedere ciò che in realtà non c’era o di tralasciare un rilievo inaspettato e permetteva di correggere, sulla base della concretezza dell’esperienza, errori di interpretazione in cui si era caduti nel passato. 

Studia il paziente, piuttosto che la malattia

L’attenzione era diretta più alla reazione del paziente alla malattia che al tipo di patologia. In quest’ottica diventavano fondamentali per comprendere la malattia l’anamnesi e lo studio dello stile di vita del paziente. I medici di Cos si opponevano alla pratica di classificare le malattie in base agli organi colpiti e di individuare la loro causa in un unico fattore predeterminato.

 Valuta con onestà 

Il medico aveva come scopo fondamentale la prognosi. Per questo Ippocrate introduce la cartella clinica, strumento utilizzato anche oggi per registrare in modo preciso e dettagliato l’andamento della malattia, permettendo così anche di prevedere il suo evolversi nel tempo. La malattia viene così considerata un processo unitario, caratterizzato dalla concatenazione di dati secondo un ordine preciso.

 Asseconda la natura.

La principale funzione del medico era quella di creare le condizioni favorevoli affinché fosse ricostituito lo stato generale di salute del paziente. La terapia non doveva mirare alla semplice eliminazione dei sintomi morbosi, ma a far sì che le forze naturali dell’organismo raggiungessero l’armonia e, conseguentemente, assicurassero il benessere di tutta la persona.

 

L’anatomia non fu molto approfondita dalla scuola di Cos per due motivi principali: da una parte Ippocrate era più indirizzato verso il lato pratico della medicina, cioè aveva una maggiore propensione per la clinica; dall’altra la cultura greca aveva un rispetto assoluto per i corpi dei morti, quindi non c’era la possibilità di studiare l’anatomia esercitandosi direttamente sui cadaveri. Ippocrate praticò molto poco anche la dissezione degli animali.I medici di Cos avevano nozioni di osteologia, soprattutto riguardo la struttura delle ossa del capo, delle vertebre e delle costole; molto poco sapevano di miologia, anche se conoscevano i principali muscoli del dorso e degli arti; vene ed arterie venivano confuse, così come nervi e legamenti. Di cuore e cervello erano note le principali caratteristiche morfologiche ma non le reali funzioni; ad esempio pensavano che il cuore fosse una camera di combustione nella quale l’aria riscalda il sangue. Gli organi di senso erano probabilmente oggetto degli studi più accurati, soprattutto per quanto riguarda la struttura dell’occhio.  

 Alla base della medicina ippocratica stava l’integrazione tra una concezione pneumatica della vita ed una umorale, ma quest’ultima rivestiva senza dubbio il ruolo più importante. Gli umori erano quattro: sangue (caldo umido) che proveniva dal cuore - una sorta di muco detto flegma (freddo umido) che proveniva dal cervello - bile gialla (caldo secco) proveniente dal fegato - bile nera (freddo secco) proveniente dalla milza.Lo stato di salute si aveva quando questi umori erano perfettamente bilanciati tra loro; se invece la crasi, cioè la mescolanza dei quattro umori fondamentali, era alterata per l’eccesso, la corruzione o la putrefazione anche di un solo componente, allora insorgeva la malattia. Era la natura stessa con la sua capacità curativa ad intervenire nel tentativo di ristabilire l’equilibrio tramite l’espulsione degli umori in eccesso per mezzo di urina, sudore, pus, espettorato e diarrea. Se invece la malattia risultava più forte del processo autoriparativo dell’organismo, il paziente moriva. Per poter eliminare gli umori in eccesso, era necessario intervenire con un processo che Ippocrate definiva di "cottura". Durante questo processo erano chiamati “crisi" i momenti nei quali era decisivo l’intervento del medico per orientare la lotta dell’organismo contro la malattia verso la guarigione. Il predominio di uno dei quattro umori conferiva anche particolari caratteristiche all’individuo: si avevano così i temperamenti sanguigno, biliare, flemmatico e atrabiliare. Motivi dell’alterazione degli umori potevano essere le intemperie, la dieta o, concezione nuova in assoluto, l’ambiente sociale capace di condizionare lo stile di vita degli individui. Altra novità fondamentale introdotta dalla medicina di Ippocrate fu il fatto di considerare le patologie come fenomeni che coinvolgono l’intero organismo e non singoli organi; quelle più conosciute dalla scuola di Cos erano la polmonite, la pleurite, la tubercolosi (ma con un concetto ben differente da quello attuale), la rinite, la laringite, la diarrea, alcune malattie del sistema nervoso, l’epilessia, il tetano.